“Se veniamo dimenticati siamo finiti”, Mr. Wednesday a Shadow, American Gods.
“Dopo tre anni di prigione Shadow sta per tornare in libertà quando viene a sapere della morte misteriosa della moglie e del suo migliore amico. Sull’aereo che lo riporta a casa l’uomo riceve una proposta di lavoro da un tipo piuttosto enigmatico, Mister Wednesday: Shadow accetta, ma gli servirà ancora qualche tempo per scoprire chi sia in realtà il suo capo, chi siano i suoi compagni d’affari e chi i suoi concorrenti.”
American Gods è il viaggio di Shadow e Mr. Wednesday in un’America provinciale abitata da dèi che tirano a campare, che vivono di espedienti sul baratro del dimenticatoio e che, uno a uno, verranno reclutati per la battaglia finale. L’uomo venera ormai le nuove divinità di massa, la Tecnologia, i Media, il Denaro e è tempo di muovere guerra.
Arricchendo la storia con i loro intrecci e trascorsi, i vecchi dèi si sono dovuti reinventare e non sono per niente dei tipi “facili”. A volte tristi, in altri casi volta faccia, in altri ancora intransigenti. Sono dèi immortali, ma condannati alla peggiore delle possibilità: all’essere dimenticati. Sono stati surclassati dal dio capitalismo, dal dio progresso e popolano e stratificano il sottobosco dell’America.
Se American Gods ha vinto i premi Bram Stoker, Nebula e Hugo, un motivo ci sarà. Sarà per il profondo lavoro di studio dietro la storia; sarà per il tema estremamente originale; sarà per la critica alla civiltà del progresso e alla corruzione dell’animo umano; sarà perché Gaiman si è dimostrato maturato; ma a mio umile, umilissimo, parere qualche piccola osservazione può essere fatta.
Il romanzo stupisce pagina dopo pagina per il suo immaginario, ma è forse depotenziato dal mezzo, perché più adatto a una graphic novel o, com’è successo, a una Serie. Ricco di dettagli e descrizioni che potevamo essere calibrate meglio, American Gods ha un ritmo più da viaggio on the road, da panoramica sullo spaccato, che però rallenta la scorrevolezza della narrazione. Il tessuto narrativo, infatti, a volte appare poco avvincente. Ma forse è proprio questo che fornisce a all’opera di Gaiman un gusto diverso, un ritmo diverso, proprio, e che vale la pena di approfondire anche solo per la fantasia di cui pregno.
Quanto alla Serie TV, disponibile su Amazon Prime Video dal primo maggio, già la scelta del cast azzeccatissimo è uno dei migliori presupposti. Inoltre cose da dire ce ne sono, e tante, e optare per una serie è stata certamente una scelta più adatta rispetto alla limitata possibilità offerte da un film, per una semplice questione di minutaggio.
Dal creatore della serie di Hannibal, la prima stagione di otto episodi raccoglierà solo un quinto del romanzo, il che lascia pensare a almeno cinque stagioni, senza contare che Gaiman sembra stia già lavorando a un sequel incentrato più sui nuovi dèi. L’ultima stagione, inoltre, sembra non sia contenuta nel romanzo e sarà completamente inedita.
Avendo supervisionato il progetto lui stesso, Gaiman si è preso la libertà di modernizzare le nuove divinità, di introdurne di nuove e di ampliare le parti di alcuni personaggi per quella che potremmo definire un American Gods 2.0.
Attraverso visionarietà, originalità e la libertà lasciata dalla StarZ, American Gods è un lungo viaggio nell’America delle vecchie e nuove divinità che non possiamo lasciarci sfuggire e che sembra proprio che ci accompagnerà per molto, molto tempo.
Buona lettura e buona visione.