Scritto dall’allora appena ventiquattrenne Samuel R. Delany, Babel 17 è un romanzo sui molti livelli ed aspetti del linguaggio. Un romanzo che non solo vinse il Premio Nebula nel 1967 (ex aequo con Fiori per Algernon di Daniel Keyes), ma che venne anche nominato lo stesso anno per il Premio Hugo come miglior romanzo, vinto poi da Heinlein con La Luna è una severa maestra.
Strutturato come un poliziesco, sotto forma di un’indagine che cerca di risalire ai mandanti dei sabotaggi messi in pratica attraverso il linguaggio Babel 17, il romanzo si rivela non solo avvincente, ma anche ingegnoso sotto tanti aspetti: nella scelta dei personaggi, nella descrizione avveniristica delle armi, dell’astronautica, dei potenziamenti e delle “coscienze nelle macchine”; tutti elementi che consentono di far emergere l’ampiezza del ventaglio culturale di Delany e le sue conoscenze di fisica, medicina e matematica, oltre che di linguistica, letteratura e dell’arte narrativa.
Attraverso uno stile elegante e metafore spesso meravigliose, Delany descrive contatti umani profondi e intimità di pensiero con una rara sensibilità. Mostra comunicazioni legate alle capacità di ascolto e di comprensione del linguaggio emotivo, unite alla telepatia e all’empatia, al fine di riuscire ad “immergersi” nelle persone e di coglierne i pensieri, anche quelli più nascosti o che loro stesse non riescono a formulare.
Il tema principale di Babel 17, alla fine, è proprio la comunicazione, i molti linguaggi, che siano essi composti di parole o meno, e Delany nel romanzo li affronta su molteplici piani:
– Quello tecnico della nuova lingua (Babel 17, appunto);
– Quello della poetica/scrittura e del potere evocativo della narrativa;
– Quello del Linguaggio del corpo e del mostrato e non detto;
– Quello della lettura stessa del pensiero e quindi della “lingua delle idee”, che assume forma prima ancora di assumere un nome e una fonetica.
Senza le parole giuste, infatti, manca la possibilità di esprimere delle idee che le rappresentino e, finché una cosa non ha un nome, allora non esiste, non ha forma, non ha un’identificazione e non può essere comunicata attraverso un linguaggio.
Basti pensare ai neologismi che identificano la nuova tecnologia o i nuovi costumi, come le criptovalute, gli influencer, o la stessa Internet.
In conclusione, Babel 17 è avvincente, interessante, colto, ben scritto, ricco, avveniristico, precursore, empatico.
Che altro volete da un romanzo?
Non lasciatevelo scappare.
Buona lettura da Marc Welder