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Marc Welder

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LEGEND – Fearless – 2012

Posted on 28/04/2016

Legend-Fearless-2012-Album-TracklistI Legend sono composti da Krummi Björgvinsson, già artista e cantante/songwriter della famosa rock band islandeseMinus, e da Halldor Björnsson, compositore e produttore di innumerevoli opere musicali. Come si legge sulla loro pagina, dalla passione per l’elettronica è nata una notte la canzone “Devil In Me”, presente in questo stesso album, che ha riscosso un notevole successo nelle radio islandesi e che ha scalato la cima delle classifiche. Proprio questo ha funto da trampolino di lancio per il presente progetto del duo, conosciuto in seguito con il nome di Legend. Nel corso degli ultimi 10 anni i due amici si sono fatti notare nella scena musicale scandinava e proprio per questo motivo il loro motto è “they are the new ones – yet they are not new”, ovvero – per intenderci- qualcosa che suona molto come “sono nuovi – ma non lo sono”.
Prendendo coscienza che il lavoro stava diventato più di un esperimento, Krummi e Halldor hanno dunque deciso di assumere il nome di “Legend” perché il loro “tema spirituale” era proprio quello della continua battaglia tra la luce e l’oscurità tanto caro al film di Ridley Scott. il film fantasy Legend del 1985, che vede il giovane Tom Cruise nel ruolo dell’eroico Jack e uno strepitoso Tim Curry nel ruolo dell’inquietante Signore delle Tenebre, fa della lotta tra bene e male il suo tema principale, lo stesso tema del conflitto spirituale permea la musica del nostro gruppo.
Anche se molti tendono a etichettarli come goth electro degli anni ’80, Krummi, frontman e autore, proviene dall’esperienza post-hardcore e alternative rock degli islandesi Minus e, insieme al compagno Halldor, hanno autoprodotto questo primo album Fearless in vinile e CD, uscito in patria (Islanda) ad aprile 2012. Dopo essersi fatti conoscere, hanno firmato per i canadesi Artoffact Records, etichetta che ha provveduto alla ri-pubblicazione dell’album dall’11 dicembre 2012 in Nord America, Canada ed Europa.

La prima traccia, “Amazon War“, è interamente strumentale e parte con una voce dall’oltretomba che ricorda i vecchi album dei norvegesi Manes durante la loro vena black. Lentamente, echi di loop percussivi si sovrappongono come in una traccia ambient che ricorda tanto le atmosfere di Vangelis. Il brano continua in un lungo crescendo che ne rivela l’aspetto sempre meno black e più Industrial all’ingresso dei synth e delle campionature, che danno maggior respiro alla traccia d’apertura.
Con “Benjamite Bloodline” si parte con l’elettronica più classica, attraverso synth estremamente sintetici e battiti EBM. La traccia canta della linea di sangue semitica di Beniamino, quella che secondo alcune leggende è la stirpe dell’unico Dio. Nuovi synth, che ricordano tanto Peter Gabriel nella colonna sonora di Strange Days, conducono infine la traccia verso la chiusura.
“City” parte bene, un pezzo Industrial e Elettronico, ben strutturato che rimane molto impresso nella testa rispetto agli altri due pezzi e che viaggia scorrevole per tutto l’intro con l’aggiunta di loop e sintetizzazioni fino al ritornello che, per quanto sia bello, bisogna riconoscere ricordi alcuni lavori di Mortiis. Il testo, molto intimo come del resto quelli di tutto l’album, parla dell’isolamento e della ricerca della Città, con la sua energia e la sua estasi, custodendone i segreti e venerandola come la propria regina.
La quarta traccia è “Sister“. Parte con alcuni loop percussivi che introducono un brano dolce. Una canzone simile alle sonorità dei Depeche Mode anche nel cantato e nella scelta degli effetti applicati. I testi, quasi in tutto l’album, sono stati scritti da Krummi e Halldór e in “Sister” narrano dell’unione dell’uomo e della donna: il corpo e l’anima che prendono nuova vita. Tutti nasciamo e moriamo come conseguenza di quest’unione, peccatori dell’unica colpa di essere umani.
Ricordando i The Mission, “Violence” è brano gothic rock che viaggia su delicate pulsazioni Industrial ed Elettroniche veramente ben calibrate. Il brano parte lento, ma dal profondo ti lancia in un crescendo introspettivo. Parla della violenza fisica; della morte mentre cammini per strade colme di persone; o del dolore guardando il tramonto e la terra spazzata via. “Uccidiamo chi amiamo, tutto sembra perso, lentamente distrutto senza sapere veramente il perché.” Finché i fiumi non saranno rossi come il sangue, vivremo nella paura che ci porterà ad ucciderci tutti senza un reale motivo. In questo bellissimo brano, con loop percussivi degni dei Nine Inch Nails, ci si interroga. La voce calda di Krummi si apre e chiede come potremo difenderci dalla caduta del sole se continueremo sulla strada della violenza. Può Dio permettere tutto questo? o è solo l’unica via per una vita migliore? Traccia rigorosamente da ascoltare camminando tra la gente con un bel paio di auricolari.
A differenza delle altre canzoni, “Runaway Train” non brilla particolarmente come melodie o strutture e dà tanto l’idea del riempitivo, nonostante sia comunque una buona traccia. Racconta del momento della partenza. Quel momento in cui sentiamo che è arrivata l’ora di andare via, dall’altra parte, perché è giunto il tempo e nuove avventure ci stanno chiamando. Il momento degli addii per approdare a nuovi lidi.
“Fearless” è molto elettronica e comincia con loop di percussioni e sottilissime campionature Industrial che si vanno a sovrapporre  e a insinuare nella sua struttura profonda. In questo brano, la title track, con ancor maggior forza si denota una forte inflessione verso le influenze dei Depeche Mode, e canta di come bisogni accettare il dolore, per poter affrontare e sconfiggere le proprie paure. Bisogna affrontare le Tenebre per ritrovare la luce.
Piccole gocce sonore ci introducono ad una ritmica decisamente “pop” per questa incalzante “Sudden Stop” durante i quali, 3 minuti circa di durata, ci immergiamo in qualcosa che strizza romanticamente l’occhio agli anni 80. Tutto ciò che viaggia sul sequencer di questa traccia racchiude del calore musicale molto lontano dal freddo della terra d’origine dei Legend e soprattutto i “Guitar Synth” ci danno amorevole conferma di questa peculiarità. Sudden Stop è una canzone sulla tristezza e la depressione, che ti avvolge e ti trascina, che ti spinge al suicidio, ma poi sopraggiunge all’arresto improvviso e ti rendi conto che ci sono ancora molte cose da fare, vedere e provare prima che giunga finalmente la fine.
Rumore che scalda il cuore, frequenze basse che cullano l’anima: questi gli ingredienti iniziali di “Devil In Me“, brano il cui avvento prevalentemente scuro e cupo dà successivamente spazio ad un ritornello più orecchiabile e luminoso, sostenuto da un pungente seppur melodico arrangiamento di tastiera che non dà tregua alle orecchie di chi ascolta. Notevole il timbro della voce del cantante che abilmente rafforza con la sua performance la stesura di una canzone già dotata di gran forza e impatto. Devil in Me, se non fosse chiaro, è un brano sul proprio lato oscuro, sul demone nascosto in ognuno di noi, che riemerge e che sappiamo essere sempre parte indissolubile di noi stessi nonostante la sua malvagità.
Anche per “Lust” l’ambientazione iniziale è tetra ed introspettiva, ma bastano pochi secondi per essere avvolti da una sezione ritmica coinvolgente e colorata, orientata ad un discorso musicale classico del genere “breakbeat” di matrice tedesca di cui per esempio Dj Tomcraft (ha remixato grandi artisti tra i quali i Pet Shop Boys) è da anni un valido esponente. In questo brano, dedicato alla lussuria, piccoli e brevi innesti sonori, tra accordi di tastiera e postille “glitch” durante la canzone, rendono inarrestabile la metaforica corsa di questo pezzo apparentemente morbido, ma allo stesso tempo deciso e potente.
L’album però non finisce qui. Tre tracce bonus lo arricchiscono e non sono poche. La prima canzone, “Virgin“, fa sembrare esserci addirittura di mezzo il magico zampino di Trent Reznor (Nine Inch Nails) così come non lo si sentiva dagli inizi degli anni ‘90. Ritmiche accattivanti e ambientazioni futuristiche donano a questa traccia tutte le carte in regola per essere potenzialmente una vera e propria “hit” nel suo genere, a cavallo tra Synth-pop, Nu-Trance ed Electro, con una ottima base Industrial capace di dare al brano un pizzico di cattiveria in più.
“Travelling Blind“, risulta, in maniera quasi paradossale in quanto appunto “extra_list”, essere uno dei pezzi più riusciti dell’intero album. Un inizio sul confine dell’Ambient-Disco detta pace al cuore di chi ha il piacere di ascoltare, quando all’improvviso un ritornello dal “mood” facile mi riporta, sia per il sound sia per il timbro della voce del singer, a passaggi classici di una band irlandese conosciuta come VNV NATION, la quale da anni cura note che si muovono tra “Chill-out”, “Electro” e la più spudorata “Techno”. Complimenti ai Legend per questa favolesca “Travelling Blind”.
La terza e ultima traccia, “Devil in Me (Steed Lord RMX)“, è una rivisitazione “extended version” della track 09 “Devil In Me”, arricchita di “groove” e arrangiamenti sintetici allo scopo di arrivare ad infervorare prima le gambe delle orecchie e del cuore, in un metodico e classico contesto musicale maggiormente orientato al “dancefloor”.

Analizzando nel dettaglio ogni singola traccia, può risultare facile rinvenire similitudini con altri artisti, ma questo non è un problema finché, come nel caso del duo islandese, lo si reinterpreta. Nella loro personalissima chiave i Legend hanno raccolto numerose influenze che sono riusciti a omaggiare all’interno delle tracce di questo album molto buono, piacevole all’ascolto anche per la sua eterogeneità. A volergli cercare un appunto, si può dire che ha tutti i difetti insiti nelle nature dei primi album, imputabili solo alla mancanza d’esperienza e nient’altro. Quello che si nota maggiormente è un potenziale, un talento che deve ancora scoprire bene se stesso; questo è solo il primo passo per un gruppo molto promettente e che adesso dovrà presto pensare a cosa vuole fare da grande.

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